Tra la fine del XVIII secolo ai primi anni del XIX secolo, in Sardegna si verificarono una serie di moti antifeudali che raggiunsero il loro culmine nel 1796. Nel 1795 si verificarono nel Logudoro le principali sollevazioni popolari contro i feudatari e alcuni comuni realizzarono i primi strumenti di unione e di concordia, nei quali dichiaravano con un atto notarile di non riconoscere l’autorità dei feudatari. Inoltre un esercito contadino riuscì a occupare Sassari, città roccaforte dei feudatari. Per porre fine ai disordini nel Logudoro, e riportare Sassari sotto il comando di Cagliari, nel febbraio del 1796, il Viceré decise di inviare nel nord Sardegna come Alternos, il giudice della Reale Udienza Giovanni Maria Angioy.
Ma nel giro di pochi mesi dal suo arrivo a Sassari, l’operato dell’Angioy fu messo in cattiva luce e ciò portò alla decisione da parte dello stesso Angioy e dei suoi seguaci di marciare con un esercito antifeudale verso Cagliari. Tuttavia la marcia si concluse anticipatamente a Oristano, costringendo l’ex Alternos all’esilio.
 


Nasce a Bono il 21 ottobre del 1751, da Pier Francesco e Margherita Arras Minutili, era il quarto di sei fratelli.
Rimasto orfano prima della madre e poi del padre, fu educato dagli zii materni, il sacerdote Taddeo Arras Minutili e il futuro vescovo di Ampurias, Giovanni Antonio Arras Minutili.
Cominciò i suoi studi nella natia Bono, presso il convento dei frati Mercedari, poi a Sassari nel collegio canopoleno. Sempre a Sassari frequentò l’università cittadina, prima di trasferirsi a Cagliari dove si laureò in utroque iure nel 1771.
Dopo la laurea pensò di farsi gesuita, ma fu convinto dai parenti a fare pratica legale a Cagliari nello studio di Salvatore Nieddu Minutili, zio della madre.
Dopo pochi mesi abbandonò la carriera forense, per dedicarsi all’insegnamento universitario dove ottenne fin da subito dei brillanti risultati.
Nel 1773 gli fu assegnata la cattedra di istituzioni civili e nel 1776 ottenne la nomina alla cattedra di Digesto.
Nel settembre del 1780 venne nominato giudice della Reale Udienza nella sala civile e assistente del reggente la Reale Cancelleria.
L’anno successivo sposa la cagliaritana Annica Belgrano dalla quale ebbe tre figlie e alla quale rimase legato fino alla morte di lei, avvenuta nel 1791. Annica apparteneva a una ricca famiglia di Cagliari, cosa che gli valse una cospicua dote che A. seppe abilmente sfruttare. A. impiantò alla fine degli anni Ottanta una coltivazione di cotone e di indaco e, nella successiva lavorazione manifatturiera, inoltre acquistò e rivendette terreni facendo talvolta prestiti a privati.
Contemporaneamente cominciò a scalare i vertici della magistratura isolana, nel 1786 è nominato avvocato fiscale, mentre nel 1789 passò alla sala criminale della Reale Udienza.
Nel gennaio del 1793, durante l’attacco francese alla città di Cagliari, contribuì raccogliendo le donazioni dei privati per la difesa cittadina e convinse inoltre suo zio don Matteo Arras ad arruolare delle milizie dal Goceano.
Gli Stamenti che si erano autoconvocati per preparare la difesa, rimasero riuniti dopo lo scampato pericolo della tentata invasione, e chiesero al Re il ripristino degli antichi privilegi con le cinque domande. Il rifiuto del sovrano provocò a Cagliari una sollevazione popolare che diede via ai Vespri Sardi.
Anche se l’Angioy non partecipò alla sollevazione, fu comunque uno dei personaggi più autorevoli negli avvenimenti successivi, sia per la posizione che occupava all’interno della Reale Udienza che governava l’isola, sia perché aveva numerosi seguaci e una considerevole influenza a Sassari.
Nell’agosto del 1794, fu inviato in missione a Iglesias come Regio Commissario, col compito di riportare all’ordine la popolazione che era insorta per la mancanza del grano.
Nell’estate del 1795 quando furono uccisi prima l’Intendente Generale Gerolamo Pitzolo, poi il Generale delle Armi Gavino Pagliaccio Marchese della Planargia, l’Angioy fu accusato di essere uno degli artefici del primo di questi omicidi.
Pochi mesi dopo, nel febbraio del 1796 fu nominato dal Viceré Vivalda d’accordo con gli Stamenti, Alternos, cioè con gli stessi poteri del viceré, e inviato a Sassari per riportare la città all’obbedienza nei confronti di Cagliari.
Il viaggio verso Sassari durò due settimane e fu trionfale. Le popolazioni di numerosi villaggi logudoresi lo accolsero come un liberatore. Ancora più trionfale fu il suo ingresso a Sassari.
Angioy diede subito ordine di soccorrere la popolazione oppressa dalla fame, istituì delle milizie urbane e visitò i villaggi del circondario.
Nel frattempo a Cagliari i nemici di Angioj cercarono di metterlo in cattiva luce,. L’Alternos decise di marciare verso Cagliari invocando l’abolizione delle giurisdizioni feudali.
Il 2 giugno partì da Sassari, l’8 giunse a Oristano da dove inviò una lettera al Viceré per chiedere un incontro, minacciando, in caso di rifiuto la secessione del Capo di Sopra. Il giorno dopo scrisse una seconda lettera, in cui proponeva la mediazione della Repubblica Francese, ma la proposta suscitò grande indignazione. Bollato come traditore e ribelle, fu pertanto privato della carica di Alternos e venne contestualmente istruito un processo per lesa maestà nei suoi confronti.
Abbandonato da tutti, rientrò a fatica a Sassari il 15 giugno, per poi salpare da Porto Torres per l’esilio.
Dopo un lungo peregrinare, che lo portò a soggiornare per un breve periodo in Piemonte dove fu invitato dal nuovo del Re per un chiarimento, nel marzo 1799 giunse in Francia, dove aderì idee repubblicane. Da Parigi rivolse un appello al Direttorio e successivamente a Napoleone Bonaparte per convincerli ad intraprendere un’azione militare nell’isola e a sostenere gli esuli sardi in Francia.
Morì a Parigi il 23 febbraio del 1808, solo e in povertà.


Nato a Chieri nel 1729, è stato un politico e militare piemontese.
Intraprese giovanissimo la carriera militare nella marina sabauda, fece le sue prime esperienze sulle galere di Malta ottenendo a 35 anni la promozione a tenente colonnello. Nel 1774 gli venne affidato il comando di Savignano, tre anni dopo l'incarico di Governatore del Castello di Casale e il comando di Casale e del Ducato di Monferrato.
Nel 1780 ebbe il suo primo incarico in Sardegna come Governatore provvisionale della città di Sassari. Nel 1783 ritornò in Piemonte, dove proseguì la carriera militare fino al 1790, anno in cui venne nominato Viceré di Sardegna.
Nel 1793 si trovò a gestire l'invasione francese nell'isola. Nonostante fosse stato prematuramente avvisato di un possibile attacco, non fece nulla per preparare e coordinare la difesa. Quando l'attacco fu respinto grazie alla tenacia dei sardi e il Balbiano e altri ufficiali piemontesi furono ricompensati dal Re con cariche e promozioni, furono pochissimi i riconoscimenti ottenuti dai sardi. Gli Stamenti pertanto decisero di inviare una delegazione al Re, con lo scopo di chiedere ricompense e il ripristino degli antichi privilegi, ma furono messi in cattiva luce dal Balbiano. La situazione precipitò quando il 28 Aprile del 1794 il viceré fece arrestare due avvocati, Bernardo Pintor e Vincenzo Cabras, col conseguente scoppio di una rivolta nella città di Cagliari e della successiva cacciata del viceré e di molti funzionari piemontesi dalla Sardegna.
Tornato in Piemonte e caduto in disgrazia, fu in seguito perdonato e nominato governatore di Saluzzo. Morì nel 1799, a Torino.
 


Nato a Tonara nel 1732, si trasferì a Cagliari nel 1747 dove si laureò in diritto canonico nel 1755.
Resse un importante studio legale. L’attività legale gli procurò un grande prestigio. Nel 1793 divenne uno degli esponenti di spicco dello Stamento reale del Parlamento sardo. Il 28 aprile dell’anno successivo, fu accusato di essere a capo di un progetto rivoluzionario, che il viceré Balbiano tentò di sventare facendolo arrestare insieme a Bernardo Pintor, scambiato per il fratello Efisio. L’arresto provocò una sommossa popolare con la conseguente cacciata di tutti gli ufficiali piemontesi da Cagliari e successivamente da tutta l’isola.
Nel luglio del 1795 il C. insieme ad altri capi rivoluzionari, chiese al nuovo viceré Vivalda di sospendere dalle proprie cariche istituzionali il marchese della Planargia e Girolamo Pitzolo. Ma il tentennare del viceré provocò una sommossa che portò alla morte del Planargia e del Pitzolo.
Nel 1796 ottenne l’incarico di reggente dell’intendenza generale, mentre nel 1803 fu nominato presidente a vita della neonata Real Società Agraria. Morì a Cagliari nel 1809.


Il consiglio di Stato era la terza sala della Reale Udienza venne istituita da Vittorio Amedeo III su richiesta degli Stamenti sardi, con carta reale 1 febbraio 1795.
Era composto dal reggente la Reale Cancelleria, da quattro giudici togati con il titolo di consiglieri di Stato, due referendarii e un segretario.
La sala civile si pronunciava sulle cause civili di una certa importanza, i sulle domande di grazia e verificava i ricorsi di di supplicazione.


L’espressione che indica la particolare forma di concessione feudale introdotta nel regno di Sardegna a seguito della conquista catalano-aragonese dell’isola nella prima metà del XIV secolo. Detta anche Secundum Morem Italiae o Sardiniae prevedeva obblighi stringenti per il feudatario, come risiedere nel proprio feudo e garantirne la difesa, versare i tributi al sovrano, prestare servizio militare per tre mesi all’anno,  un certo numero di armati. Il Feudatario aveva anche il compito di amministrare nel suo feudo la bassa giustizia, civile e criminale.
Inoltre i feudi erano inalienabili e ereditari per linea diretta maschile.


Era la più alta carica che un ufficiale dell’esercito del regno di Sardegna potesse ottenere.
Nel 1794, nel pieno del triennio rivoluzionario sardo, il marchese della Planargia Gavino Paliaccio ricevette la nomina insieme al titolo di gran maestro d’artiglieria del regno e il governo della piazza di Cagliari, per ristabilire l’ordine nell’isola.


Nato a Tortolì, è stato avvocato e operò principalmente a Cagliari durante il periodo sabaudo del Regno di Sardegna.
Durante l’invasione francese difese insieme a Vincenzo Sulis, Girolamo Pitzolo e al visconte di Flumini la zona che circonda la torre di Calamosca. Pochi mesi dopo fu nominato direttore provvisorio della zecca di Cagliari, mentre nel dicembre del 1794 fu nominato colonnello delle torri costiere.
Fu membro della commissione a cui fu affidato il compito di sequestrare i documenti trovati nella casa del marchese della Planargia.
Nel giugno del 1796 firmò un’istanza per destituire l’Angioy dalla carica di Alternos, marciò successivamente insieme ad altri capi con un esercito di 2500 uomini contro lo stesso Angioy, e fu tra i componenti della delegazione viceregia incaricata di giudicare i ribelli.
Nel dicembre del 1798 si costituì una commissione stamentaria, per decidere sulla richiesta del Re di raggiungere la Sardegna dopo l’invasione francese del Piemonte, in questo caso il Guiso fu uno dei rappresentati dello Stamento militare. In seguito fu inviato come rappresentante a Livorno, per invitare il Re in Sardegna.
Nel 1805 fu nominato delegato consultore della Baronia di San Pantaleo. Due anni dopo intendente generale dell’appannaggio della regina.
Morì nel 1817.
 


Nato ad Ozieri nel 1758, è stato importante magistrato del Regno di Sardegna durante il periodo sabaudo.
Studiò legge all’università di Sassari dove si laureò nel 1783.
Si trasferì a Cagliari per esercitare la funzione di procuratore legale. Partecipò alle sedute parlamentari nel 1793, nelle quali ebbe un ruolo decisivo. Infatti dopo la partenza della delegazione degli Stamenti per Torino, ottenne l’incarico di avvocato dello Stamento militare, rimanendo in carica per un anno fino al 1794, quando decise di rinunciare all’incarico. L’anno successivo fu nominato giudice aggiunto della sala civile della Reale Udienza.
Vicino alle posizioni di Giovanni Maria Angioy, scrisse in sardo logudorese il famoso inno Su patriotu sardu a sos feudatarios, ma nonostante queste sue posizioni non fu mai perseguitato e riuscì invece a proseguire la sua carriera di magistrato.
Nel 1807 venne nominato giudice effettivo della sala civile della Reale Udienza, poi nel 1818 giudice del consolato.
Si spense a Cagliari nel 1839, lasciando all’ospedale di Cagliari 40000 scudi.
 


Nato nel 1756, visse nel periodo Sabaudo del Regno di Sardegna. Nei mesi precedenti alla rivolta sarda, fu molto attivo nel tenere vivo l’interesse per le cinque domande, soprattutto per la terza, che chiedeva al Re di affidare ai sardi gli impieghi statali.
Fu in seguito uno dei capi più combattivi durante tutto il triennio, secondo alcuni documenti trovati nella casa del Marchese della Planargia nei quali il Musso era indicato come un sostenitore dell’anarchia tra i rappresentanti degli Stamenti.
Nel 1796 fu incaricato di guidare con altri capi, un esercito che aveva lo scopo di fermare la marcia del Angioy verso la Capitale del regno.
In seguito col Pintor e il Guiso partecipò alla spedizione contro il paese di Bono. Morì nel dicembre dello stesso anno.


Convocato per la prima volta a Cagliari nel 1355, per volontà di Pietro IV d’Aragona, che si ispirò al Parlamento Catalano. Il parlamento si riuniva generalmente ogni dieci anni, era composto da tre Stamenti o Bracci (reale, militare, ecclesiastico), dette Corts se riuniti in plenaria.
Il Parlamento veniva convocato e presieduto dal viceré su autorizzazione del sovrano. Il compito del parlamento era quello di decidere il donativo, ovvero il tributo da versare nelle casse della corona. Durante le riunioni parlamentari, venivano prese decisioni sui numerosi problemi dell’isola e sui privilegi da chiedere alla corona in cambio del donativo.
Il consenso da parte del sovrano alle richieste dei privilegi, portava alla compilazione dei capitoli di corte. I capitoli erano delle leggi che potevano essere modificate o sostituite solo con una nuova seduta delle Corts.
Ogni Stamento aveva una sua prima voce che lo rappresentava, questi erano il Marchese di Laconi per il braccio militare, il sindaco di Cagliari per quello reale, e l’arcivescovo di Cagliari per quello ecclesiastico.
L’ultimo parlamento convocato fu quello del 1698/1699.
I Savoia, durante il loro governo dell’isola, sostituirono la convocazione delle Corts, con la convocazione ogni tre anni delle principali voci degli Stamenti, con il solo compito di votare il donativo.
Nel 1792 durante l’invasione francese, lo Stamento militare si autoconvocó per organizzare le difese dell’isola grazie a un suo antico privilegio che gli era stato concesso.
Con la Perfetta Fusione del 1847 il Parlamento fu soppresso.


Era uno schieramento formato da alcune importanti personalità della nobiltà e del clero, erano intenzionate a ritornare alla situazione precedente al 28 aprile, inoltre erano molto vicine alle posizioni dei feudatari.
I suoi principali rappresentanti erano Girolamo Pitzolo e il marchese della Planargia.


Nato a Cagliari nel 1765, è stato uno dei più importanti avvocati della sua epoca e un poeta dialettale.
Insieme al fratello Bernardo e al genero Vincenzo Cabras, fu uno dei principali artefici della sommossa antipiemontese. Fu infatti l’arresto del fratello e del genero a far iniziare la sommossa, mentre Efisio riuscì a scampare alla cattura.
Successivamente prese il comando delle truppe di Stampace col grado di colonnello.
Inizialmente vicino alle posizioni del Angioy, diventa in seguito uno dei suoi più accaniti oppositori. Infatti fu tra coloro che, insieme a Giovanni Del Rio, Nicolò Guiso, e Ignazio Musso, furono incaricati di guidare un esercito di 2500 uomini contro Giovanni Maria Angioy.
Fece parte della deputazione che acconsentì alla richiesta del Re di soggiornare in Sardegna, dopo la fuga della famiglia reale dal Piemonte.
Morì a Cagliari nel 1814.


Il procuratore Fiscale, era un alto magistrato del Regno di Sardegna che veniva nominato dal Re.
I suoi compiti erano di istituire la cause penali che si tenevano davanti al Vicario e il Baiulo, di formulare i capi d’imputazione al termina dell’istruttoria, e di svolgere il ruolo di pubblica accusa nei processi, inoltre rappresentava gli interessi del fisco in giudizio.


Fu istituita nel 1413 con una carta reale del Re d’Aragona Ferdinando I.
Aveva il compito di gestire il patrimonio regio e di sovrintendere agli uffici patrimoniali dell’isola.
Fu sostituita nel maggio del 1720 con l’Intendenza Generale della Sardegna, con sede a Cagliari e con a capo un Intendente Generale che gestiva tutta l’amministrazione finanziaria.


Il ragionamento giustificativo delle cinque domande è un importante documento politico e giuridico scritto da Girolamo Pitzolo nel maggio del 1794, ma da considerarsi come un lavoro di tutti i rappresentanti della delegazione stamentaria durante la loro permanenza a Torino.
Questo documento, che fu illustrato dallo stesso Pitzolo al Parlamento dopo il rientro della delegazione in Sardegna, esponeva le condizioni precarie in cui versava la Sardegna, e chiedeva un nuovo sistema di governo per l’isola.


Furono una serie di Ragionamenti redatti dagli Stamenti tra il mese di luglio e il mese di settembre del 1795 e indirizzate al Re.
Le prime due furono redatte per giustificare gli avvenimenti che portarono all’uccisione del Marchese della Planargia e di Girolamo Pitzolo. La terza trattava gli avvenimenti che si erano verificati nella città di Sassari. La quarta invece era una accusa contro i ministri del regno, soprattutto contro il ministro degli affari del Regno il conte Galli di cui si riferiva la totale indifferenza verso gli affari della Sardegna.
La quinta rappresentanza era invece una importante missione che gli stamenti affidarono all’arcivescovo di Cagliari, il piemontese Vittorio Filippo Melano. 
Il Melano fu inviato a Roma e a Torino, per chiedere la clemenza del Re tramite la mediazione del Pontefice e per presentare sempre al Re la piattaforma politica delle cinque domande, con l’integrazione di alcuni importanti aspetti resi necessari in seguito agli avvenimenti che si erano verificati nell’ultimo anno.


La Reale Governazione aveva sede a Sassari dove era presieduta del Governatore.
Aveva giurisdizione nelle cause di prima istanza sia civili che criminali, tra le cause che vedevano coinvolti i feudatari e le comunità, e su tutti i processi che riguardavano gli abitanti del territorio di Sassari che non erano soggetti alla giurisdizione dei feudatari.
Insieme a due assessori, uno per le cause criminali e l’altro per quelle civili, giudicava il grado delle sentenze emesse dalle varie curie reali e baronali nel capo del Logudoro.
Per ricorrere a tutte le sentenze emesse dal Magistrato, bisognava rivolgersi alla Reale Udienza o al Regio Consiglio che avevano sede a Cagliari.
Questa carica fu abolita dopo la Perfetta Fusione, il 1 gennaio del 1849.


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Il reggente la Reale Cancelleria era il funzionario più importante presente in Sardegna, introdotto da Ferdinando il Cattolico nel 1487. Veniva nominato dal re, passando in rassegna i vari magistrati della Corona.
Aveva compiti in ambito giudiziario, burocratico, patrimoniale e militare, conservava i registri e i sigilli del regno, controllava la stampa e la vendita dei libri, e metteva il visto nei dispacci.
Era uno dei componenti della Reale Udienza, presiedeva il tribunale e partecipava a tutti i processi.
Lavorava a stretto contatto col viceré come suo primo consigliere col compito di controllare il suo operato e gli forniva inoltre la lista di laureati in legge dalla quale il re sceglieva i giudici della Reale Udienza.


Nato nel 1723 a Sassari, è stato un importante funzionario del Regno di Sardegna nel periodo sabaudo.
Era il figlio di Francesco Santuccio, un giudice della Reale Udienza, intraprese la carriera militare, nella quale raggiunse il grado di tenente colonnello. Fu capitano della guardia viceregia. Nel 1794 venne nominato Governatore di Sassari e riformatore del Logudoro.
Un anno dopo, venne a sapere di un progetto che prevedeva la consegna dell’isola ai francesi, informò pertanto la corte sabauda che lo incaricò di intervenire, ma ben presto si scoprì che era solo un raggiro e fu di conseguenza censurato dagli Stamenti e dal Viceré.
Nel dicembre dello stesso anno, dopo un tumulto  che si tenne nella città di Sassari, fu arrestato e condotto a Cagliari insieme l’arcivescovo della diocesi turritana, con l’intenzione di processarlo.
Nonostante l’arresto, la corte sabauda lo nominò tenente generale e generale delle armi del Regno essendo consapevole della sua buona lealtà.
Morì nel 1804.


Nato ad Alghero nel 1758, è stato un letterato, storico e avvocato, fratello maggiore di Giovanni Francesco e di Matteo Luigi.
Studiò legge all’università di Sassari dove ebbe come insegnante il padre gesuita Francesco Gemelli. Nel 1779 si trasferì a Torino dove lavorò come avvocato, successivamente nel 1783 fu nominato vice censore generale del regno.
Ritornato in Sardegna partecipò alla vita politica e fu un importante membro del parlamento. Nel 1793 insieme a Girolamo Pitzolo, fu scelto per rappresentare lo Stamento militare nella delegazione incaricata di presentare al re Amedeo III le Cinque domande.
Disgustato dagli avvenimenti che si erano verificati nell’isola dopo la sua partenza, decise di rimanere a Torino dove visse in povertà fino alla sua morte avvenuta nel 1829.


Nato ad Alghero nel 1761. Studiò nell’università di Cagliari dove si laurea prima in teologia o poi in giurisprudenza.
Nel 1792 fonda il giornale storico di Cagliari, che fu un importante diario per gli avvenimenti che si verificarono in quei mesi con l’invasione francese dell’isola. Nell’estate del 1793 intraprese un viaggio nella penisola italiana e una volta ritornato nell’isola venne nominato sostituto effettivo dell’avvocato fiscale patrimoniale e avvocato fiscale del Tabellione.
In questa veste nel 1795 fu incaricato di sequestrare i documenti sul tentativo di colpo di stato che vedeva coinvolti il marchese della Planargia e il Pitzolo.
Negli avvenimenti dei mesi successivi, l’intera famiglia Simon fu costretta a lasciare la capitale e a rifugiarsi nella propria città natale, in quanto considerati tra i principali leader dei moti antifeudali.
Matteo lascio in esilio volontario la Sardegna nel 1800, soggiornando inizialmente in Liguria dove pubblicò un volume sugli avvenimenti del triennio rivoluzionario con lo pseudonimo di Arsenio Lugtimnio.
Raggiunse nel 1802 l’Angioy a Parigi, l’anno successivo presentò un rapporto sulla Sardegna al primo console, su sollecitazione del prefetto piemontese Carlo Salmatoris, grazie a questo rapporto fu nominato procuratore imperiale del tribunale di Savona.
Nel 1808 si sposò con Giulia Jabob, due anni dopo ebbe la Legion d’onore e ottenne diversi incarichi in Liguria e a Parma, ma con la caduta di Napoleone fu costretto ad abbandonare l’Italia, facendo ritorno in Francia dove fu naturalizzato e dove morì pochi mesi dopo nel 1816, dopo essere stato nominato presidente della corte di cassazione di Marsiglia dal re Luigi XVIII.


Nato a Sassari, è stato un importante magistrato del Regno di Sardegna nel periodo sabaudo.
Nel 1784 fu nominato assessore del vicariato cittadino di Sassari. Alla vigilia dell’attacco francese, ottenne il diploma di cavalierato e nobiltà. Rappresentò la sua città nello Stamento Reale e fu tra i membri della delegazione che gli Stamenti inviarono a Torino per presentare le cinque domande al Re. Una volta tornato in Sardegna fu nominato giudice della sala civile della Reale Udienza. Dal 1806 è vicario di Sassari per 6 anni. Morì nel 1819.

 


Lo stamento militare lavora in associazione con la Reale Udienza.


È un inno scritto in sardo logudorese, composto nel 1795 dal giudice della Reale Udienza Francesco Ignazio Mannu. Conosciuto anche come Procurade 'e Moderare, fu scritto dal Mannu durante gli anni della rivolta antifeudale, tanto da diventare il simbolo della stessa lotta contro i baroni. Considerata la marsigliese sarda, nel 2018 è stato scelto quale inno ufficiale della Sardegna.


Nato a Cagliari nel 1746, da una famiglia di umili origini. Studiò nell’università cittadina fino al 1763, quando morta la madre decise di farsi frate mercedario preso il convento di Bonaria.
Costretto a lasciare il convento, ritorno per un breve periodo nella casa paterna, andò a successivamente a vivere prima con una zia e, in seguito, con una vedova che possedeva una fabbrica di candele. Arrestato dopo una denuncia del padre, fu liberato dopo 6 mesi e cominciò a dedicarsi al contrabbando. Dopo essere stato perdonato, decise di cambiare vita, terminò gli studi in legge e conseguì il titolo di notaio.
Durante l’invasione francese del 1793, armò e guidò personalmente le milizie popolari, mentre l’anno successivo durante la sommossa antipiemontese, fu il comandante delle milizie di Stampace. Inoltre gli Stamenti si rivolsero a lui per ristabilire l’ordine dopo gli eccidi del Pitzolo e del marchese della Planargia.
Fu uno dei principali collaboratori dei Savoia dopo il loro arrivo nell’isola. Ben presto fu messo in cattiva luce e accusato di cospirare contro la famiglia reale ma riuscì a dimostrare la sua innocenza. Fu di nuovo perseguito e dopo una breve fuga, fu condannato all’ergastolo che scontò nella torre dello sperone di Alghero.
Nel 1820 fu perdonato da Carlo Felice, pur rimanendo un personaggio scomodo. Infatti l’anno successivo fu rinchiuso nel forte di san Vittorio alla Maddalena e una volta scarcerato fu costretto a risiedere nell’isola, dove morì nel 1834 dopo aver passato gli ultimi anni della sua vita a scrivere la sua autobiografia.

 

 


Erano degli uffici istituiti nel 1738 dal Re Carlo Emanuele III con un editto regio, per rimediare a una dispersione dei documenti, causata dalla mancanza di appositi archivi.
Le Tappe si trovavano nelle città e nei comuni più importanti del Regno di Sardegna.
Erano amministrati dagli insinuatori, nominati dal Re, che ricoprivano il ruolo di notaio. Questi avevano il compito di conservare il sigillo regio e di registrare tutti gli atti nei libri,  consegnando poi la ricevuta della registrazione al notaio. I documenti venivano conservati nel locale della tappa, che veniva utilizzato come archivio. Il notaio aveva l’obbligo di registrare tutti gli atti entro sessanta giorni, con eccezione degli atti privati che venivano registrati solo su richiesta.


Fu il terzo attacco militare che la Sardegna subì in età moderna, da parte della Francia. La prima si era verificata nel 1527 durante le guerre d’Italia, con l’assedio di Castelaragonese (oggi Castelsardo) e il saccheggio di Sassari, mentre la seconda durante la guerra dei trent’anni quando nel 1637 Enrico di Lorena riuscì a occupare e saccheggiare per una settimana Oristano.
La spedizione in Sardegna del 1792/93, fu programmata per indebolire le posizioni dei Savoia, che proprio tra la fine del 1792 e gli inizi del 1793 furono costretti a cedere alla Francia, la Savoia e la contea di Nizza. La conquista dell’isola era considerata facile per il malcontento degli abitanti nei confronti dell’amministrazione sabauda, inoltre avrebbe permesso alla Francia di avere dei sicuri porti per la sua flotta in caso di una futura guerra con il Regno di Gran Bretagna.
Dopo aver occupato l’isola di San Pietro, che fu ribattezzata isola della Libertà, e la vicina isola di Sant’Antioco, i francesi bombardarono la città di Cagliari e sbarcarono nei pressi di Quartu, ma furono duramente respinti dai Miliziani, fatto che costrinse i francesi a ritirarsi e rinunciare all’impresa.
In contemporanea ci fu un secondo attacco francese nell’arcipelago della Maddalena, dove si distinse il nocchiere Domenico Millelire, che riuscì insieme a un gruppo di volontari a respingere l’attacco di una squadra francese comandata da Napoleone Bonaparte, il quale intendeva occupare la cittadina. Grazie a questa impresa, il Millelire fu il primo militare a ricevere la medaglia d’oro al valor militare. Nei mesi successivi le isole di San Pietro e di Sant’Antioco furono riconquistate, completando il fallimento della spedizione francese.
 


La Carica del Viceré, fu istituita nel 1418 durante il regno di Alfonso V d'Aragona, e andò a sostituire la carica di Governatore Generale.
Il viceré che rimaneva in carica per circa tre anni, aveva poteri in ambito militare, amministrativo giudiziario e politico, presiedeva la Reale Udienza e il Parlamento che lui stesso convocava.
Durante il periodo piemontese la carica perse prestigio e autonomia rispetto al periodo spagnolo.
Il 1 ottobre del 1848, con la Perfetta Fusione, la carica viceregia fu abolita, l’ultimo viceré fu Claudio Gabriele de Launay.


Nacque a Mondovì nel 1732, Conte di Castellino e di Pogliano, Barone di Mombarchero.
Dal 1774 fu per 3 anni ambasciatore per il Regno di Sardegna nella Repubblica delle Sette Province Unite e nel 1781 fu inviato speciale alla corte di Imperiale di Vienna. Lo stesso anno fu nominato Tesoriere del supremo ordine della SS. Annunziata, e Gentiluomo di Camera di Sua Maestà Vittorio Amedeo III.
Nel 1794, dopo essere stato insignito del titolo di Cavaliere dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, fu scelto come Viceré di Sardegna, al posto di Vincenzo Balbiano che era stato cacciato dall’isola insieme ad altri funzionari sabaudi dopo la rivolta del 28 aprile.
Nel luglio del 1795 ignorò le richieste degli Stamenti che chiedevano di destituire il Marchese della Planargia e Girolamo Pitzolo dei loro incarichi e ciò provocò le ire del popolo, che prima catturarono e poi uccisero barbaramente i due funzionari.
Nel febbraio del 1796 incaricò Giovanni Maria Angioy di ristabilire l’ordine nel Sassarese e nel Logudoro nominandolo Alternos, con l’intento anche di allontanarlo da Cagliari, ma quattro mesi dopo l’Angioy, prese la decisione di marciare con un esercito verso Cagliari. Il viceré pertanto decise di revocare la carica di Alternos e di mettere una taglia sulla sua testa e su quella dei suoi seguaci, l’ex Alternos isolato e abbandonato da tutti, fu costretto all’esilio per fuggire dai suoi nemici.
Nel 1799 terminò la sua carica di Viceré, quando sbarcò in Sardegna la famiglia reale, costretta a fuggire dal Piemonte che era stato invaso dalle armate di Napoleone.
Morì a Carignano nel 1808.